Federalberghi commenta la proposta di legge di regione Liguria che mira a escludere le attività ricettive che hanno accolto migranti negli ultimi tre anni l’accesso ai contributi per lo sviluppo turistico

«Siamo di fronte a un problema complesso, che richiede soluzioni ponderate. Lo dico soprattutto a chi sta affrontando l’argomento sui social network con toni da cori da stadio, a sostegno dell’una o dell’altra tesi. Non è un tema su cui ci si deve dividere in fazioni, occorre capire ciò che è meglio per il Paese e per l’economia turistica». Con queste parole, Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi, intervistato da TGCOM24, ha commentato la proposta di legge di regione Liguria, che mira a escludere dall’accesso ai contributi per lo sviluppo turistico le attività ricettive che negli ultimi tre anni hanno accolto migranti.

Secondo Nucara, «È giusto che i finanziamenti destinati agli alberghi vadano agli alberghi, quelli per le case di riposo alle case di riposo, quelli per i centri d’accoglienza ai centri d’accoglienza, e così via. Mentre ci convince meno l’ipotesi di una riclassificazione d’ufficio, per di più a posteriori, con efficacia retroattiva, che sostanzialmente dica: se ieri hai ospitato migranti oggi non sei più degno di essere considerato un albergo, non hai più le caratteristiche della struttura ricettiva che può concorrere a parità con gli altri alle opportunità che la regione mette a disposizione di chi fa impresa».

Il direttore di Federalberghi ha ricordato che «si tratta di aziende che hanno operato in accordo con lo Stato e su richiesta dello Stato, stipulando una convenzione con la Prefettura». Ragion per cui – ha concluso Nucara – Federalberghi invita tutti a un confronto sereno, nel rispetto del principio sacrosanto che la regione porta avanti e che noi condividiamo, cioè far sì che le risorse destinate allo sviluppo del turismo siano impiegate effettivamente in questa direzione. Ma evitando di tagliare i problemi con l’accetta e di far danni penalizzando le strutture che hanno l’unica colpa di aver risposto positivamente ad una richiesta dello Stato».